Cover dell'Album Golem de "Le Porte Non Aperte" |
*
quando poi d’improvviso noi vedemmo spazi
aprirsi fra i vinti
margini del vespro
inserirsi il nodo danzante
di un flauto; sotto
la luna, in quel poco che resta, bere a
un
pallido flauto di fuochi d’un fiato
le
quartine perdute accecanti
in
un fischio
infinito
nella sibilla di pochi talenti, nella sillaba
*
finale che fa il futuro_
pioverà_
per il corpo movente del giorno
intagliato che non venne_ o non vedemmo
flettersi la luce nello specchio del
genio_
il tempo arriva, il tempo se ne va; la
primavera sa la lenta lusinga
*
dei
nevai, eppure battono eternamente i coriandoli
del
mio cuore_
io
non ho tu non hai egli non ha
il
mantra scolare_ la raffinazione darà una inflorescenza segreta
colmerà
il rosso delle mele selvatiche
griderà
di neonascite la notte_ noi siamo, egli fu tu saresti_
un
modo di pregare a denti stretti_
*
sveglia
parla
un rapido oceano, ai pioppi mancano le forze
di
recitare il memorabile banchetto
che
verrebbe alle miriadi fra le vampe incavate, trattarsi di conchiglie e di
pollini_
allacciarsi
immobili età
vengono
al tornio
i
grani legati della voce_ disperdi, nell’inezia
dei
massimi, chiamarsi perla in prima persona
è
raro, ma tutti siamo fiori di uno spasmo, anche
o
forse sopra ogni cosa l’amore_ anche o forse
pari
il suo nitido perno
a
cui ristagna il peso addetto alle illusioni.
più
non si chiedono gli opposti:
il
tutto è in uno_ i poeti fanno del loro meglio
e allora sarà spezzata
ogni chitarra, data
a lingue di fuoco la
partitura_ che sia solo il poeta
congiungere
al nostro sé la meraviglia
delle
gestazioni:
che
non sappia fra amore e il cuore alato
ebbro,
il cuore fra i gelsi
e
i rupi
*
i bonzi alle nubi di sabbia_
una
caverna dignitosa. per tutto questo tempo non siamo stati che semplici
burocrati
del dolore.
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