venerdì 8 aprile 2016

...caffè?

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le camelie qui sono sfiorite
da tempo,
siamo verbo e parliamo come le api in qualche modo
noi, il resto di un miglio
fra i giunchi_ puoi tenere per mano
il mio inferno migliore:
l’amore.
con l’accento sottile della dolcezza e il veleno degli occhi
fattisi presa di vento…
pungenti come fari contro l’arena

dissolti nell’attesa nella sete nell’organza delle mani
pure ruvide dopo tanta terra…
cara, i tuoi semi recano alla mia
nugoli di stelle, deserti…
non ho voglia di arrendere la mia testa 
stasera che tutto ha la sua frescura tonda come una mano… sibila agli occhi i
versi di un poeta da una lira e una scopa...
.
i miei, i tuoi, di chi è venuto 
con il vino
gonfio di canto...   una lira, una scopa, 
una mela...
                  


*
discendere in
un giardino di giade_ 
dopo il caffè e l’ora vapore
al mio giardino di giade ogni 
giorno che non vedo
il tuo viso... 
prima del fieno_ come l’orto dei fauni
dove spesi il mio rivo migliore… ma poco ho in mente
che gente fui… mi provai trite rime serbate
fino a ieri in uno scrigno di brina…
o forse temo il mio cuore...
la poesia è l’opera dei giorni_  e invece.
scusa
il facile peso di un trillo seminato
fra i canti di mai…
mai e sempre sono la stessa parola_
la bellezza calcata sul seggio degli ultimi roghi di vento...

*
ho voglia di spazio_
più che voglia, ne ho 
lo spasmo…
di pioggia in cui stare immobile_ cuore nerissimo_un cristallo di vuoto…
io voglio un costume fiammeggiante.

<<caffè?>>









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