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le
camelie qui sono sfiorite
da
tempo,
siamo
verbo e parliamo come le api in qualche modo
noi, il resto di un miglio
fra i giunchi_ puoi tenere per mano
il mio inferno migliore:
l’amore.
con l’accento sottile della dolcezza e
il veleno degli occhi
fattisi
presa di vento…
pungenti
come fari contro l’arena
dissolti nell’attesa nella sete
nell’organza delle mani
pure ruvide dopo tanta terra…
cara,
i tuoi semi recano alla mia
nugoli
di stelle, deserti…
non
ho voglia di arrendere la mia testa
stasera che tutto ha la sua frescura tonda come una mano… sibila agli occhi i
stasera che tutto ha la sua frescura tonda come una mano… sibila agli occhi i
versi
di un poeta da una lira e una scopa...
.
i miei, i tuoi, di chi è venuto
con il vino
gonfio di canto... una lira, una scopa,
una mela...
.
i miei, i tuoi, di chi è venuto
con il vino
gonfio di canto... una lira, una scopa,
una mela...
*
discendere in
un giardino di giade_
dopo il caffè e l’ora vapore
dopo il caffè e l’ora vapore
al mio giardino di giade ogni
giorno che non vedo
il tuo viso...
prima del fieno_ come l’orto dei fauni
dove spesi il mio rivo migliore… ma
poco ho in mente
che gente fui… mi provai trite rime
serbate
fino a ieri in uno scrigno di brina…
o forse temo il mio cuore...
o forse temo il mio cuore...
la poesia è l’opera dei giorni_ e invece.
scusa
il facile peso di un trillo seminato
fra i canti di mai…
mai e sempre sono la stessa parola_
mai e sempre sono la stessa parola_
la bellezza calcata sul seggio degli
ultimi roghi di vento...
*
ho voglia di spazio_
più che voglia, ne ho
lo spasmo…
di pioggia in cui stare immobile_ cuore
nerissimo_un cristallo di vuoto…
io voglio un costume fiammeggiante.
<<caffè?>>
<<caffè?>>
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