Al risveglio lo vide.
Statico, fisso come un’idea
d’amore. Come il
rubino e il fiume, come il basilico fresco,
nel vaso vicino
alla fontana di ferro. Lo aveva battezzato
Libertà
per osare una puntata alta,
la sera prima.
Al risveglio lo vide e sapeva che era
soltanto amore.
Le ali chiuse a
scrigno, il suo segreto, lo scrigno che
contiene la parola cigno,
a lui piaceva giocare con le parole e l'altro, non suo,
a lui piaceva giocare con le parole e l'altro, non suo,
l’impossibile da
mettere per iscritto
mettere per iscritto
per incluso, di cui era passato
in sè un accento,
La scatola di carta, il suo tempio, le piccole
zampe regali,
vinte dalla fisica, snervate di ogni
morte, miseri semi di un
qualcosa che mai racchiuderemo, franti nel
mortaio di una notte , il corpicino
quello che era stato livrea e Opèra,
e invincibili ormai,
i bozzetti delle sue
trasmutazioni. || Si dice che un grande
pianista cinese
ebbe per anni chiuso in gabbia
un beccafico
gli
suggeriva melodie ardite
per
concerti rapernti un cuore di luce.
Un soffio di vapore dalla mia bocca avrebbe
presto
sperperato per il mondo quanto
restava del suo
capitale,
Ma non lo feci, mi trattenni e rischiai di soffocare, lo so, fui un miserabile. Tenni
per me il tesoro e la cenere azzurra del
suo ultimo canto - adesso
suo ultimo canto - adesso
ho questa colpa da scontare, Mr. Libertà,
che fa di me il più
nobile degli uomini, per dicrasia,
scigura l'amore che mutò il mio, fra questi
bruciati dalla poesia, questi uomini
piegati dalla terra
questi roseti divergenti spazi disanimati
nella bonaccia, a custodire qualcosa che
dura in eterno, ma solo per poco.
scigura l'amore che mutò il mio, fra questi
bruciati dalla poesia, questi uomini
piegati dalla terra
questi roseti divergenti spazi disanimati
nella bonaccia, a custodire qualcosa che
dura in eterno, ma solo per poco.
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