Processione Sul Mare_Toni Esposito |
la
preda vuota della notte: superare
un volo dozzinale su una raggiera di edicole,
ricavi narcotici.
così il dolore canta amore alla
fortuna…
siamo
identici noi e voi, la differenza è che non vi somiglio,
la differenza è che ho nel bicchiere una
sfera di lievi scintille di luci, lutto
di un’ombra rara.
concedersi la viltà di una finestra
socchiusa…
*
non vi ricorda il giorno
morti per qualche ricamo di fiori, noi
e voi.
tuo è l’abisso che si stende nella
polvere comune
mentre attendevamo che si schiudessero
a voialtri rime di fratture come il giorno s’avviava. ma io
sono una vergine gentile
la serva giovane che aspetta
s’avanzi fra le dita la notte… ogni
madre é vergine e conosce ogni cosa.
salivamo alla verde sanità
ultraterrena_ in momenti di voglie, noi e voi.
di
grembi di scali a ripe sorridenti; il volto solcato di una collera incantevole
- una pura
ragione
– mi trascina la spina terrena - sacchi dell’infermità del vino,
donna
di campi e di carestia…
*
voi allenate equipe di olimpi, duelli
di
fantasmi fra le righe…
ritorno
alla squilla matrigna,
ora
che annotta. ci invitiamo sotto i
piedi di dio,
un calvario alle
grida dei fauni - l’illusione a serbare
il satellite sepolto
vivo, io voi e noi
le nubi cariche di pioggia, la bellezza. siamo identici noi, ma oggi peso in piú un grammo di ochidee:
ho generato dio da una ferita...
ho generato dio da una ferita...
adesso lasciate che il
deserto
della mia certezza
sia in quel rapido gesto
della cipria, con lo stile
di una lunga sorgente…
lasciate misera e nuda questa sporta di
grano che sono.
è il giorno che tutti si
torna
alla morte ributtanti e felici… quanto possono insistere le
arterie, i
gelsi, quanto il fiato
di
un turbinare di nevi… ma voi e noi costringiamo la luna
brillante
a risalire fra i rami in dono
perché si viva per sempre. mi hai cercato,
bambino disabitato, la mia pazzia di
madre, di figlio che
ogni giorno mi desto con la pena del
canto
sulla mia schiena…
*
continuo
a spingere e forse non son io: vien da sé,
schiumata nello sguardo, la dolce
schiumata nello sguardo, la dolce
alternanza
di tonneau e antitesi_ intorno
il tempio delle città silenziose: un batrace che saltello sull’erba.
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