Foto di Sara Capomacchia |
con
la testa piena di parole
con
la testa piena di dolore
con
la mia testa piena di veleno
con
la testa piena di storielle
con
la testa piena di morale e di santità
che
fare del veliero degli astri?
amico
di cui non conosco il futuro, cantami eurialo, cantami di.
gli
applausi sono caldi da bruciare
si
levi il mitra, scardini i maschi dell’impero,
niente
di meno
sono
che questo rosario spezzato nella testa
con
la mia testa piena di fandonie,
piena
di silenzio
piena
di rumore
con
una partenza e
le
piume di un abito indiano da cerimonia
con
la testa piena di lettere d’amore
con
la testa piena di alfabeti insoluti
con
la testa piena di adrenalina,
di
calendule, di volume e una mistica sfinita
della
carne. ho centomila fiammiferi in testa
e
sono fermo accanto al mio dio
e
amori e occhi ho dentro, secchi di vernice, hanno riavvolto in me la fibra
ottica
dell’anima perché nessun messaggio
portassi
oltre il sangue.
ma
cos’hai nella testa, piccolo luccio che
ridi?
e
i pensieri a flotte assalteranno
i
piedi del palazzo di sabbia
e
la vallata fra i lillà carmini_ su due fronti
al
nero gong dei rivi interiori al valalla interno
con
la testa piena di così sia
e
di arredi da ufficio.
con
la testa piena di
libertà,
libertà,
frattali di polveri
francobolli, i rullo d'ali delle gru,
sigarette di importazione
lamiere nude,
e genesi,
con la testa piena di bellezza e di
bocche di latta, desiderio, uno strazio della fame,
sigarette di importazione
lamiere nude,
e genesi,
con la testa piena di bellezza e di
bocche di latta, desiderio, uno strazio della fame,
lampade
per sperperare la verginità delle madonne d’oro nero
eserciti
bizantini, sovranità romane
laceramenti
casbe
lingue
rapprese su un
un
pane acido,
amaranto,
carminio,
voli da un rifugio che non c'è,
amaranto,
carminio,
voli da un rifugio che non c'è,
cieli
di fiori secchi colati
fiori di tabacco,
fiori di tabacco,
rantoli di spole di cotone, un comizio di alambicchi di fughe, novocaina, Illuminazione
Pubblica,
wagner,
le arance
che rotolarono su di un verso di de andrè
in quell'estate torrida che imparammo a leggere i nomi delle stelle
abbracciando il ventre della cagna
che ci sfamava,
in quell'estate torrida che imparammo a leggere i nomi delle stelle
abbracciando il ventre della cagna
che ci sfamava,
ugole
tintinnanti
scie
di satelliti alla deriva
pelli
di muta.
cos’hai
nella testa, dolce usignolo?
ordinotte
d’amore_ solo una parola della mia lingua.
che
significa luce? che significa liberami?
vuol
dire luce. vuol dire cambia il giornale nella gabbia.
ma
io canto.
e
di calici lodanti. voi
non
perdonate le buone morti ormai lucenti!
e
volevano strapparmi le piume della coda
per
le penne dei poeti della rivoluzione
a
mi hanno preso a
schiaffi:
inanimiamo la pena del suo cuore! neppure uno mi aveva mai colpito
ma
l’offesa della felicità
è
un pugno di miglio nel calice della
notte
e il resto mi hanno dato
in
spiccioli.
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