Foto di Sara Capomacchia |
1
vuoti a rendere
in cifre di
riflesso e mai create
nel titolo
delle
lotte, con il
sangue del tenutario indosso
anche io mi
concordo agli ablativi, sono un uomo pieno di galere
stacchi di versi in pietranuvola
l’odore che giace
dentro al sacco/
fra gli avanzi del Barroccio e del pasto del Carrettiere
un sonetto senza più lemmi di specie
accenti rari sopra a un piano di scacchi
né una rima per bene
un lusso dei fiaschi infilati come nocche
né pure undici-sillabe aiuole
che il verso è un offerta di myosotis
alla vergine dei treni _àlcole
agli occhi_ frittelle sullo zinale delle parche
ci hanno tolto le lacrime
almeno ci rimane il pesce fritto della festa, il minto
dell’abbecedario a
raggiera
nascosto in fondo al muscolo cardiaco, per una spanna
di pulizia viva
per una carenza di finiti.
2
ma una terzina a tutto sesto
un piedritto baciato e ben saldo
li saprai pur fare!
il rimatore sorpassa di pene
in penne
racimola il tuo male in una tasca bucata
se ne va per la valle e ride di te
ma è di sé che ride e lo disperde.
3
una rosa s’apre quell’altra secca
in una stecca del biliardo,
nell’anonimo che divora i neuro-nessi
e per l’ombra sotto il palmizio freme l’incolto del
poeta;
in un istante feconda lo spaccio dell’anima
in un accenno di mani rapaci,
ecco
i tamburelli, e lucido
la canna del fucile che tenevi fra le mani, scrivevi
sulla pietra nuda effige della coscienza,
nel mentre..
e l’aria muta saliva dai ballatoi e nell’ombre a
fumaiolo di madreformi idee del niente
non ho opera-beffa che mi salvi! non l’hai.
hanno il colore del corallo bianco
le bocche delle oro-trombe
incise nel vento.
la radio spara un velluto di lucciole per il mondo; e
di_spari
fra i canneti dell’emocromo in santattesa.
il mio canto è un aspirapolvere, dici, e il settenario
è una domestica mite .
non metterci in galera – dicono loro -
fa’ di noi poema di pianoro!
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