Foto di Carmine Petruccelli |
1
Lui è il principe delle scimmie. Qui è da dove vedo. E vedo un gesto di estrema lucidità, quel lustro che si dà ad un paio di scarpe rovinate, così mi disse di aver trovato il suo cuore: rovinato dalla strada, anzi, non disse strada, disse vita. E gli risposi che è così per tutti.
Lui è il principe delle scimmie. Qui è da dove vedo. E vedo un gesto di estrema lucidità, quel lustro che si dà ad un paio di scarpe rovinate, così mi disse di aver trovato il suo cuore: rovinato dalla strada, anzi, non disse strada, disse vita. E gli risposi che è così per tutti.
So che sono in
casa perché attorno alla valvola della caldaia
la neve si è
sciolta e un fascio di olio rosa schizza dall’uscio per tutta la via. Entro nell’aria fritta di
uno stupore che non mi abbandona da anni, so dove comincia
quel fuoco, e
presto sarà sera. Ma lui non c’è. Sua madre lo aspettava per il caffè, nero, dolce
come l’incenso, quell’istante tenero
e lento in cui fanno entrare il gatto e si risistemano i piatti di vetro nello
scaffale, vicino alle conserve. È uscito senza avvertire, il suo caffè te lo
bevi tu,
lo mangi
qualche biscotto al burro? Sono a dieta, ma non importa. La mia bocca ha il sapore, non so, come un profumo
di timo. Tracco è l’amico che ti occupa il gabinetto per tre quarti d’ora e più, e
che non tira lo sciacquone e lascia le cicche di sigaretta nelle fioriere, che
quando si fa il segno della croce bestemmia nel mentre. Corre l’anno dell’angelo e il
vino è già fiorito nel fondo delle cantine da qualche mese. Le finestre della
cucina danno sul cortile esausto della pioggia e delle rose d’inverno che si
aprono senza pietà. Bussano al citofono. Deve essere Mirka, il padre di Tracco.
Infatti. Porta con sé un filo di odore di cenere, e le buste del supermercato.
Cannella incomincia a fare le fusa, balza dal seggiolino e si strofina contro i
suoi jeans, ma si stanca subito e si avvicina al fuoco quasi spento. Se Tracco
manca per più di un’ora tutti sanno che si è cacciato per il vecchio
viottolo che porta alla Madonna della Neve a far chissà che, da solo, che anche
quando ci andiamo in 4, 5 di noi, sale subito una noia che nemmeno ci parliamo,
a un certo punto, chi si mette a spazzare, chi a raccogliere le nocciole, chi a
fumare. Una volta ero talmente giù di corda che mi sono slacciato i calzoni e
me ne sono tirata una.
- Velo dico e ve lo ripeto, velo torno a replicar, ma se voi non lo capite delle bestie sarete! Che cos'è? - questo indovinello me lo ha insegnato Joana, la nonna di Tracco - Dove voglio andare a parare? Si comincia a bere davvero quando il vino è finito da un pezzo.
- Velo dico e ve lo ripeto, velo torno a replicar, ma se voi non lo capite delle bestie sarete! Che cos'è? - questo indovinello me lo ha insegnato Joana, la nonna di Tracco - Dove voglio andare a parare? Si comincia a bere davvero quando il vino è finito da un pezzo.
Tracco era
stato a fare una gita quel giorno, era passato alla sua vecchia scuola,
salutato gli insegnanti e mi disse che tutto il tempo aveva avuto quelle chimere infernali, per tutto il tempo quelle voci irrisolte,
gemme infuocate sopra i suoi ultimi mesi su questa terra. Ma non è morto, è solo
passato a un altro stato della materia. Quella di un suicida.
Seppellite il mio cuore in una rosa di strada!
Seppellite il mio cuore in una rosa di strada!
2
Ha lasciato qui il cappello e la borsetta dove tiene le cartine, il tabacco e il suo vecchio libro di Bukowski con la copertina mancante e l’impronta della tazzina di caffè su una pagina. Sempre lo stesso che legge e rilegge, alternandolo a qualcosa di Ungaretti, Saffo, Corbière. E ha pure dimenticato la sciarpa che gli ho prestato. Mentre Mirka riassetta il focolare, vedo lo sguardo di Viola, pare stanca. Una stanchezza senza aspetto, unta, bigia. Le tremano le guance, mentre strofina un mezzo limone sul piano cottura, si gratta l’avambraccio continuamente. – domani fa bel tempo, ma freddo, dice. Farebbe bene a ridarti la tua sciarpa.
Seppellite il mio cuore in una manciata di coriandoli!
Ha lasciato qui il cappello e la borsetta dove tiene le cartine, il tabacco e il suo vecchio libro di Bukowski con la copertina mancante e l’impronta della tazzina di caffè su una pagina. Sempre lo stesso che legge e rilegge, alternandolo a qualcosa di Ungaretti, Saffo, Corbière. E ha pure dimenticato la sciarpa che gli ho prestato. Mentre Mirka riassetta il focolare, vedo lo sguardo di Viola, pare stanca. Una stanchezza senza aspetto, unta, bigia. Le tremano le guance, mentre strofina un mezzo limone sul piano cottura, si gratta l’avambraccio continuamente. – domani fa bel tempo, ma freddo, dice. Farebbe bene a ridarti la tua sciarpa.
Seppellite il mio cuore in una manciata di coriandoli!
Non importa, ne
ho tante, 3 o 4, e poi ne ho vista una di mia sorella che se non me la dà la
metto in croce. Ma come sta Tracco? A questa domanda, la madre ha un lieve
balzo. Tenta di nasconderlo. Lo sai. Dovrebbe mettersi a studiare – dice - il
tempo ha fretta. Ma sai meglio di me cosa voglio dire. E comunque non mi
piace che si frequenti con quello lì, come si chiama, il figlio di Albalina, come
si chiama – Gianpaolo! - Gianpaolo. Finchè sta con te stiamo
tranquilli. Non è una buona pezza quello lì, vale anche per te. La campana suona 3, 4 rintocchi
o 3 e poi due più brevi, insomma, è ora che vada. Grazie del caffè, signora.
Non chiamarmi signora, di signora ce n’è solo una! Prendi la sciarpa, lo dico io a Tracco.
Senza che ti accompagno. Mi raccomando chiudi per bene, il portone è rotto, fai
fare clic alla serratura.
3
Voglio vederti nella luce del mattino,
3
Voglio vederti nella luce del mattino,
miraggio nelle mie dita, sussurrarti parole di liberazione,
dividere
con le genti l’ultimo bicchiere di vino
prima di
chinarmi sopra la mia fatica.
Chiedo uno
stemma di stelle sulla lingua,
un filtro
mortale alle labbra, che sia come un
esame d’amore, un
bacio, un ludibrio
delle mie mani
riarse dal fiato delle muse.
Voglio un auto
da fè per ogni scopa
in riva al
fiume della Sapienza,
e voglio che tu
mi dica che hai conosciuto in me
l’amore per la
terra, la franchezza di una mano
stretta per un
pugno di monete d’aria;
perdermi fra le
genti della sera, ai cari ideali
che hanno
abbracciato la mia giovinezza e la mia morte.
4
Fuori la luce ha incominciato a finire, mi pare di essere in un quadro di Magritte, non ricordo bene il nome. Forse il regno delle luci o qualcosa del genere. Mentre cerco di chiudere il portoncino che dà sulla strada principale, vedo avvicinarsi una Renault 4, beige. Con dentro Zago, il pittore; tutti lo chiamano Zago – e parcheggia il muso dell’auto contro lo scalino di pietra. Scende e mi dice:<< tua madre è in casa?>> Non abito qui. Chi cercate? <<la signora Viola>>. Nel frattempo è sceso anche un altro uomo dall’auto, l’avevo completamente ignorato. Anziano, un cappello rosso quasi fin sopra gli occhiali.
Seppellite il mio cuore in una bandiera!
Fuori la luce ha incominciato a finire, mi pare di essere in un quadro di Magritte, non ricordo bene il nome. Forse il regno delle luci o qualcosa del genere. Mentre cerco di chiudere il portoncino che dà sulla strada principale, vedo avvicinarsi una Renault 4, beige. Con dentro Zago, il pittore; tutti lo chiamano Zago – e parcheggia il muso dell’auto contro lo scalino di pietra. Scende e mi dice:<< tua madre è in casa?>> Non abito qui. Chi cercate? <<la signora Viola>>. Nel frattempo è sceso anche un altro uomo dall’auto, l’avevo completamente ignorato. Anziano, un cappello rosso quasi fin sopra gli occhiali.
Seppellite il mio cuore in una bandiera!
Suono il campanello, dopo un po' Viola si fa alla porta - oh, Gaetano,
sei tu! Hai dimenticato qualcosa? No, c’è Gino che vi cerca. - Buonasera, disse Viola
<<È
vostro figlio. E’ in macchina, si è fatto male>> era steso sui
sedili di dietro, e per questo non lo avevo notato. <<E’
caduto>>. Tracco era pallido, aveva sul volto una espressione strana,
stanca, non di dolore. Che hai fatto?
<<sono caduto dalla scarpata, la terra era bagnata, ho scivolato. Ma non
dire niente a papà!>>
5
Calle nella fitta degli occhi,
Calle nella fitta degli occhi,
non mi riesce di dire una parola,
né ho sangue nel cuore, ma solo vento, lune tzigane
di un mondo oltre il mondo,
lavato nei miei occhi da ogni salvezza.
E' la mia vita che stringi fra i denti,
amico. Amore che hai scoperto il segreto delle
mie ginocchia, e non dici quanto ti piaceva
che ti dondolassi il respiro fra le mani,
non dici che hai vinto il dubbio di una finestra.
E mi hai ingannato, dicendo
che il dolore non esiste, ma è
come il ramo di un mandorlo che rende
al vento un tappeto di mille gocce
di brina, che sono le lacrime che non hai pianto.
6
Un nugolo di gente si era accalcato vicino alla macchina. <<Gaetano, avverti a Luise, noi andiamo in ospedale>> Chiamo Luise che scoppia in lacrime, al cellulare. Appena tornata da scuola – lo sapevo, dice, e che sarebbe andata subito in ospedale.
Seppellite il mio cuore in un vento di cuoio.
Un nugolo di gente si era accalcato vicino alla macchina. <<Gaetano, avverti a Luise, noi andiamo in ospedale>> Chiamo Luise che scoppia in lacrime, al cellulare. Appena tornata da scuola – lo sapevo, dice, e che sarebbe andata subito in ospedale.
Seppellite il mio cuore in un vento di cuoio.
Mentre Tracco
era in radiologia il vecchio con il cappello rosso, non mi viene
in mente il
nome, ma lì per lì lo sapevo, ha raccontato di aver sentito i cani abbaiare,
così si è fatto verso l’entrata dell’orto per vedere se ci fosse qualcuno. Tornando verso
le fascine che stava sistemando, ha visto Tracco correre verso il ponte, e
gettarsi. E poi è stato un attimo, un grido. sembrava il pianto di un agnello e
poi silenzio e lo hanno soccorso.
Seppellite il mio cuore in una macchina da cucire!
Seppellite il mio cuore in una macchina da cucire!
Tracco è quello
che dorme senza togliersi le scarpe e
che insomma: bisogna buttarli giù i muri del mondo. Dipingere ogni cosa di nero, come nella canzone, piantare bandiere a lutto per ogni petalo caduto della buganvillea, ma che siano bianche, come la voce delle ninfe - diceva - come il frutto dell'albero dell'amore, e ridevamo di un doppio senso <<sai l'albero dove te lo devi mettere?>> Quando ho raggiunto la sua
stanza, di Tracco non restava che un riflesso nel tavolino di acciaio
lucido. E forse l’ho solo immaginato. l’ho trovato che tentava di togliersi la flebo, urlava
con una infermiera riguardo al catetere. Mi ha visto e mi ha salutato come
niente. Come
stai, gli dico. Come sto... sto che ho le
orecchie addormentate e non mi va di mangiare sta roba, mi sembra di esserci
già stato qui, non una, ma mille volte. Hanno detto che l’hai scampata
bella - mi devo mettere un busto per sei mesi. Non mi guardare così, dai, lo sai! Non pensare a me, sto bene - stai bene... - mo che esco ci
andiamo a fare un giro a Napoli, ci compriamo un disco, una
fumata. Andiamo a vedere se hanno portato qualcosa di nuovo a Piazzetta Orientale. Non mi guardare
così! Com’è il tempo domani. << bello, è bel tempo - ma
freddo.>>.
Tracco è quello
che se perdevi l’autobus ti faceva compagnia fino al prossimo,
e ti lasciava
lì 5 minuti da solo per andare a prendere un caffè
da bere metà
per uno.
7
Per me è difficile dire la parola
libertà senza pensare a tutte
Per me è difficile dire la parola
libertà senza pensare a tutte
le bandiere che abbiamo cucito insieme,
è difficile
esibire il frutto di una moltiplicazione
incessante
esibire il frutto di una moltiplicazione
incessante
dell'anima. Sei forse un mago? _ ti chiesi_
e mi tirasti fuori un centesimo dalla falda del
cappello.
Ti chiesi_ sei innamorato?_ sì, sono innamorato.
E di chi? Dicesti che all’amore non
segue un complemento
segue un complemento
di specificazione. E mi lasciasti con
i piedi bruciati come
i piedi bruciati come
un povero pinocchio, con i miei fiori primitivi alle
pareti e il
cenno di non far più ritorno se non avessi portato
con me la chiave di tutti i cancelli
della terra.
Seppellite il mio cuore in un fascio di grano!
8
della terra.
Seppellite il mio cuore in un fascio di grano!
8
<<Incominciarono a parlare, mi parve che fino ad allora tutti avessero taciuto. I medici mi picchiarono, e deposero ai piedi del mio letto un orifiamma bianchissimo, affinché camminando vedessi la sporcizia che
lasciavano i miei piedi. Le parole divennero un grido unico, il piacere di una bestia che chiedeva di essere amata, incideva i miei pensieri con una lingua di fuoco. Vidi un giovane, portava fra le mani tre
grappoli di uva, li premette in un bicchiere e mi invitò a bere, e da allora non ricordo di che argilla sia fatto il cuore degli uomini.
Ah, se fu dolce pregare davanti a un
oltraggio di luce! So cos’è la morte, e so che
una rosa può generare un sangue dolcissimo.
Dio non esiste, perché esiste l’amore.
Quel sunto di luci mi pregò di tacere l’iridescenza
della ragione e mi baciò le labbra. Le tenebre non fanno
paura, perché l’anima ha una veste incandescente.
Caro amico che non ho mai conosciuto, il mio
futuro è una moneta che trafigge la mia felicità,
e non temi il mio bacio, perché non temi il mattino. Al
mio cuore una libbra di canto! Sono povero,
ma di questo son lieto, sta' certo. Ho conosciuto
i talenti di dio, e non posso piangere per questo diamante
che tutti trovano inutile. Ribevo la mia speranza, che
tracimi nel mio cuore fino a disgustarmi.
Mi chiami fratello, anche se ti ho coperto la bocca con
il mio silenzio.
Sopra a una zolla di luce la mia pazzia è una croce di seta. Ignoro il tuo titolo, e non so da che galere vine il mio fiato, ma so che il mio cuore ha una luce che il tuo sguardo ha vinto, affinché come un mortale potessi darti fremiti
d’amore. >>
Ah, se fu dolce pregare davanti a un
oltraggio di luce! So cos’è la morte, e so che
una rosa può generare un sangue dolcissimo.
Dio non esiste, perché esiste l’amore.
Quel sunto di luci mi pregò di tacere l’iridescenza
della ragione e mi baciò le labbra. Le tenebre non fanno
paura, perché l’anima ha una veste incandescente.
Caro amico che non ho mai conosciuto, il mio
futuro è una moneta che trafigge la mia felicità,
e non temi il mio bacio, perché non temi il mattino. Al
mio cuore una libbra di canto! Sono povero,
ma di questo son lieto, sta' certo. Ho conosciuto
i talenti di dio, e non posso piangere per questo diamante
che tutti trovano inutile. Ribevo la mia speranza, che
tracimi nel mio cuore fino a disgustarmi.
Mi chiami fratello, anche se ti ho coperto la bocca con
il mio silenzio.
Sopra a una zolla di luce la mia pazzia è una croce di seta. Ignoro il tuo titolo, e non so da che galere vine il mio fiato, ma so che il mio cuore ha una luce che il tuo sguardo ha vinto, affinché come un mortale potessi darti fremiti
d’amore. >>
9
- E adesso? gli chiesi. <<E niente...>>, rispose.
Credo che lo rileggero' tutta la notte e non sarà neanche sufficiente ad assimilarne metà. Tu non ti rendi conto della quantità di roba che infili nei tuoi scritti Elia. Di bellezza indiscussa. Amore a prima vista, confesso
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