Foto di Sara Capomacchia |
1
non sapevo su
quale insanìa
concentrarmi
stamattina
mentre legavo con lo spago
i giunchi
secchi
per il fuoco,
raccolti l’anno prima,
è una mia anitudine:
è una mia anitudine:
sull’ocra che stringe parole alla risaia del cuore?
sopra il
ginocchio schiacciato dal peso delle gronde?
sul cuore di
mio fratello demonio che fra poco incomincerà a pulsare
e a parlare di democrazia?
e a parlare di democrazia?
dare canto a
tanta poesia
come fa il
puledro che si immerge nella libertà di parola
e non sa che ha
un occhio rosso ed uno nero
e uno bianco di
sete, e uno verde e viola
e uno rosso e uno nero, gli altri cento
e uno rosso e uno nero, gli altri cento
fatti di luce e
di buio
che non sono mai colori
e lo sono tutti.
che non sono mai colori
e lo sono tutti.
l’infinito nei polmoni (di questo forse ha il dubbio)
perché la
libertà non ha bisogno di
specchi.
specchi.
2
sono saltato
sul treno dei pensieri in corsa, e i giunchi mi sono caduti dalle mani
come sfuggono
le libellule al retino di un ragazzo,
i sogni
non li
trattieni facilmente,
prima o poi hanno ali traslucide
e mi chiamavano
sognatore
perché non credevo
nell’amore.
3
e pensai che
fossi in punto di morte tanta
era la gioia che mi scuciva i polsi
era la gioia che mi scuciva i polsi
mi dissi _
comunque tu sia_ comunque tu sei_te la meriti
un'altra poesia, giovane baio che siamo,
mio nomade delle acque_
e tornai ai miei giunchi caduti.
un'altra poesia, giovane baio che siamo,
mio nomade delle acque_
e tornai ai miei giunchi caduti.
Grazie Elia, per tanta bellezza.
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