giovedì 9 giugno 2016

super partes non
















a noi hanno promesso
pozzi senza lune, scale alle balze del mattino
fra gli olimpi e i cinabri del
vino.
nella traccia d’affanno
l’incredulità dei maestri ai loro discepoli. gomitoli d’oro senza minotauri 
a guardia
di un  serraglio o una festa dello sguardo
in un altro che lo incroci.
_non sapeva arianna cosa attendere fra i violini delle dita
né mai si chiese di simularsi un ruscello nelle veglie_
a noi hanno promesso giri di guardie primaverili

*
cantando lo scontento del loro ultimo inverno
fra le azzurre-nere vaghezze del cielo
era rosso il cielo_
e vestiva il nostro lutto in trasparenza
con il suo numero alato ferito dalle luci del sud
a misurare in sillabe ed infiniti il valore
di una lenta custodia_ di un fiore del pioppo_
per quanto tu possa interrogarci
forse solo l’integrità del grano
rubato alle nubi perché non si chiede la fame a un uomo;
a un uomo si chiede solo la maiuscola_
vedi? la pioggia inonda i colli della sapienza
vedi? non c’è alcuno per cui vibri un battito di ciglia
stanno dormendo da cent’anni
tutti.
ci hanno promesso la giada vibrante nel luogo del vero
era una coda di lepre, una bocca
d’afide che tendeva un rigagnolo ribollente
 _ lì crescono fiori sulle palizzate
i vostri figli vestiti con gli smeraldi in una chioma di stelle
ecco la segreta meraviglia
la voragine mai detta, il maglio, il seme
il granulo nell’occhio di chi non ha mai veduto.

siedi.

                                                                ci hanno promesso,
hanno attestato, posto il sigillo sugli occhi di dentro…
qui le rane fanno una festa fra i giunchi
questo è il modo più eterno che abbiamo da consigliarvi per vivere.
e questa, invece, è una poesia d’amore.










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