Foto d'epoca di Cascano, il mio paese. |
è arrivato puntuale
una rima nel fumo della pipa_ l’uomo
nero.
mi ha portato
un ukulele,_ la bambina vigilava
allarmi e tappeti indiani_
non ho mai avuto paura di te_ mi dice_
ho smesso la mia anima e tolto i
contrappesi.
l’innocenza si sconta esistendo, in
questa formula.
*
come che sia, formulare
in sé una luce è necessario,
adesso che ho conosciuto i miei avi
posso arrangiare il mio legato a un
odore di vigneti,
a saggiare il non detto, il non
ratificato permanente.
mi ha aiutato a scrivere versi di
fango_ pagine in solitaria
a ciascuno la sua trance diaria, la
sincope che si ammutina
in mezzo a una pineta di sicomori_
_nei fogli il varco fra l’es
e i corti
arenato fra le bottiglie messe ad
asciugare.
*
ha rotto un bottiglia per fare un
assolo
sul mio accento truffato dai miraggi ad
litteram
ha dato a me tutto il merito.
fantasia calcifera e puoi scalfirmi;
inchiodano corde di nylon e il cotone
della mia imbottitura, adesso ho delle
rughe in mezzo agli occhi.
*
concerto per ukulele e un seme di
cacao.
io ho paura dell’uomo nero.
mi ha aiutato a scrivere versi di
fango,
e il fango non cessa di zampare, canta
le mie canzoni. i miei occhi sono neri,
e ho delle catene sopra alla mia traccia eterna,
tintinnano come rime nel mio angelus
rinchiuso.
*
la bambina segna sulla cipolla la
sveglia, in controtempo_ in te si rifrangono
gli occhi dei miei pensieri
_rari, arcobaleni se non piove_
i segni si spegneranno secondo le
regole dello stallo.
il mio essere una cosa che muta ha in
sé
il rigo multiverso
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