martedì 30 settembre 2014






I

Un giorno che fuori piove,
un giorno come ogni altro giorno. Ma di api non se _ne vedono in giro da tempo
Sono più rare del fango nei versi
di Re Salomone

i bugni in secca come vecchi barconi
curvi sulla ripa

e il mio sangue che è un viottolo che porta alle tue rose.

Nell’ultimo luogo che apre il tuo
respiro ho lavato i miei
stracci, la camicia celeste rubata a una visione per i bambini,
i pantaloni, l’ armatura, gli zoccoli di ferro , ho lisciato la mia coda di volpe

ho lisciato la mia coda di volpe
con la mia lingua ruvida, con la mia spazzola
di ferro rubata, pure.

E con l’amarezza del mio lamento ho riso; non c’era molto
altro da fare per aprire l’occhio cieco
per baciare gli angeli sulla bocca, con la calma
dell’inverno, un inverno lentissimo.

Un giorno come ogni altro giorno che - non si è vista un’ape passare, e le piastrelle
della cucina sono bianche come al solito, e il tempio
di Diana non è stato raso al suolo,
per i miei peccati.

II

Le strade abbaiavano componimenti
in versi -malattia, ira

sesso, magia nera come il tè che potresti star bevendo -
un piagnucolio
in cerchio come un dispositivo
inestricabile
che impazzisce
che rantola, che si dimena. Accanto a te il mio
frantoio per le parole:

un girotondo nelle gambe di un bambino
e poi i prati verdi dove

farci l’amore: una città assediata
Ur – il sole dietro la finestra – Troia -
Parigi, Praga. Roma, l’empireo dei soffitti della
vecchia casa senza nicchie

per i santi e per posare la pietra del rosario
con un gesto dello sguardo.

Chi entra per primo nella pancia
del cavallo, amore. E’ tutto lì il problema.

chi entra per primo, chi esce per primo - dal tempo, mentre sfoglio la mia antologia
scolastica che ho scelto nell’occhio della visione
per guadagnare il mio sangue

- sabbia disfatta. Rompere il cristallo antico che ci separa
Dal sacco d’oro, metterci sulla via
Dei carri coperti.


III
C’è che nella

maggior parte dei casi basta
una caffetteria per benedire centimetro per centimetro ogni frase rubata,
svegliarsi nel bosco dei nespoli _ un giorno che Cristo non
è stato crocifisso. Un giorno
come gli atri.

Che noi non abbiamo il dovere di esserci
Che i vicini non hanno traslocato.

E il traliccio della linea
telefonica non è stato abbattuto. L’indiano passa con
il vento delle
rose _stretto sotto l’ascella, il mondo si _riorganizza

con un affanno del buio,
non c’è af_ferm_a_zione.

Il mondo pullula di soffici finestre. Ora posso camminare,
imparare a mangiare, andare di corpo, pregare
sulla sponda strozzata del mondo

magari persino
incominciare a morire, e piantare un orto di fave per i miei
pronipoti, saltare su un'altra frequenza radio, nella luce alta che gli occhi
lottano per spiegare,
chiamare dentro il cane, sotto  
                                                                                     la luna verde.










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