sabato 22 dicembre 2012

Lettera


Quello che ti devo



















































Quello che ti devo 


è il fatto stesso che respiro, non come dicono i poeti - loro fanno d'argento 

ogni fascio, benedetti! - quello che ti devo è il meccanismo esatto. 

Ciò che fa in modo che l'aria entri, e i miei 

polmoni respirino;



con essi l'anima, l'occhio a fior d'acqua

che vedi. Non è mio soltanto

né di alcuno. 



Quello che ti devo non vale poi tanto: grondaie fra la gente, presa in cose

che in qualche modo ci interessano, cammelli che passano per il

fuso per la lana, gli


ombrelli illogici, come l'ora di educazione Fisica. Carri mandati 

in giro per il mondo, a farti zingara la voce, bella come di 

settembre, bella come quando 

stai nascendo.



1


Gente come me non sa  apprezzare il valore irreale delle cose,

gente come me brucia ancora quando il fumo

se ne è bello che andato.


Quanto siamo sciocchi e poveri, 

e fortunati. ||



Oltre il collinetto dove

coltivano

le api le loro giade, le terre insormontabili con i cancelli

sprangati e nessun recinto, e gli asparagi

& la ricotta. 


[]


Io non lo so quanto vale il ferro, quanto il piombo, un giardino

un respiro, perché io, sì, sono

gente come me.


Ti devo parole buttate al vento fili di lana con cui dal vento trovo riparo, e fra le tue braccia

che hanno la chiarezza di una bambina, tieni in equilibrio gli aeroplani, 

in aria, sopra i trampoli. E hai paura

del buio.


II


Non temo che le mie  forbici possano ferirti,

ciò che più mi spaventa


sono le carezze, i baci, le cose piccole, i violini adolescenti, e mi tendi _ con i fili serici luminosi

chiami a te il mio sesso maschio, nudo, contro il rossore delle persiane,

quando ad arrossire sono il primo,


solo attento a ciò che risuona, a ciò che di motto

sempre luccica, è oro. E ti salva la vita

il piatto di un coltello.


III


Quello che ti devo saranno


un centinaio di caffè dolci, troppo dolci, _amari pochi, bevuti di fretta lentamente,

lentamente, macchiati o come te: caffè soltanto: le foglie verdi con cui

io ti dipingo gli occhi. Due ulive


ne avanzo sempre alcune nel piatto.

Hai gli occhi fuggenti, come

una lepre.


Quello che ti devo, a farli meglio i conti, sono una decina di ciambelle fritte, cadute

dalle tasche dei tuoi pantaloni.

Qualche cornetto delle Tre Marie, per poi ricordarmi di chiamarti

al telefono e possedermi nella tua voce

tra le voci dell'Ipod


che ho barattato per questo

mio cuore di vetro.



2

Spesso i cornetti li lascio a metà, perchè le cose in cui credo sono

più delle cose che ho



Più delle cose che ho.



I contabili tirano le somme. I letterati mettono

il punto, la virgola. Io amo. I0 e51st0 

- attesto -  

chi aggiunge, chi divide, c'è chi si dimena. Do ut des, professore?

Si sbagliava.


Ho un grande fuoco, e i notari

mettono

timbri anche sopra le lenzuola, anche alle tende, dappertutto, sopra le pareti,

sul divano & alle antenne, come possono - e le foglie dell'edera che, nonostante_ tutto, 

è, sopravvive.  || Quello che ti devo, alla fine, è il fatto che non

ti devo niente. |Che  niente ti devo.


Questo, Amore, più di tutto ti devo.

Questo, Amore, più di tutto


ti devo.















Elia Belculfinè, 59|60 ora 22.02
 22/12/2012

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