sabato 3 novembre 2012

- Hodiau Direkton-































Rivedo la mia musa - è la più antica –  Il suo nome Non
lo trovi in un prontuario

di medicina della Grecia antica

il suo nome è velenoso come il bacio di
chi non ha mai

baciato per amore


Più antica la mia musa della tua venere di Milo, rubata quel giorno al museo, quella che tieni di fianco al 
vecchio  divano verde, sul l’incerata color legno chiaro

 e le poche rose di una primavera sul finire
di un veliero

in un rigettare i pollini  che ci hanno fatto fiori del male tutti quanti noi
seduti intorno a una tavola né tonda né quadra
né né né


 – rivedo – io – te – la musa –

 Non

ero | innamorato,  e mai ho amato come allora…
e amo forse adesso  mai come adesso prima

(e Catullo  qui si incazza)

come un uomo ama ogni cosa intorno che vortica e pare quel lento passo in cui ogni dolore ti entra nelle
vene come un mela_nos ovunque e il cobalto 

e il rosso e la tregua, poi
che è tardi


"my baby has got the bends" Ricordi, in  
ospedale?


Ho firmato io.

- l’addio ai monti che ogni mattina rendi come dovuto
a dio, a tuo figlio

a tua madre, se mai ne hai avute, a te stesso che torni al verde sempre più chiaro e chiaro e chiaro fino a trasparire in una ecografia prenatale verde

verde come il denaro quando è dio

e più dell’avorio  dei denti della musica - ho amato – qualche parte del corpo di qualcuno/a

 ero o non lo  ero | ma
del tratto di penna che cammina zoppo di canzone - sì certo - e va dritta poi dopo poca strada
- liscia come su un tavolo di biliardo -

perché a camminare si impara  , si impara credi
e ad andare d’accordo col lo zoppo
con il sordo e il resto

del disegno classico della teoria dell’evoluzione


- che sfamava la tua  persistenza di piccola cosa che non muore -


Mi abitavano  piogge imprevedibili, ero la foresta il fiume
In cui ti immergi donna

Fiore del mio sesso in un fiato di Wagner


E le inferriate lunghe verso il  santuario in cima al tempo
Ogni cosa è tempo, amore, ahimè, anche ogni cosa che  già è mancata

E che nemmanco principia

Ogni eccesso di grazia alle tue spalle


Tempo per fare di te una divinità senza senno, perché ogni cosa entra troppo e sanguina, con la meraviglia di un parto adolescente – ieri notte ho scoperto in te

La torre di babele 

- uno scialle -





A te porto il mio il mio… il tuo e vale come una orchestrina di paese
il canto mio, il tuo – intendo -

 –in –

che non scrivo  e tu – altrimenti ne averi fatto carnevali per i miei serpenti  Serpenti amati, e che sia esso ovvio che sono amati

Altrimenti


Bruciamo


ogni breviario di psicologia professionale
appena scritte – è già scritta sempre una parola viva perché viva è la parola
del poeta: -  c ‘è un certa

genere di poeta femmina che

 non tromba  mai abbastanza


 avrei potuto farci il fondo per la gabbia di Ciccillo,
e! Ciccillo – fatti miei –

 il cannarino cann nna rino  dei miei anni gialli, poi ogni cosa è stata gialla
 -  fogli che - non  ingiallivano – e  non sono gialli adesso e te la copri muna macchina gialla fiammante?
Ce lo hai tu un carattere giallo?


Era d’estate. E’ | sempre |

d’estate, allungando  ciò che meglio s_cordi e di_mentichi e le mani di ogni David in piazza nelle mani di
 ogni uomo  vicendevoli

- adesso, verso una direzione -   Cos’è andare – essere – io HO
E SONO anche la bibliografia completa
di Cartesio

Da tempo | avevano smesso | di
tenermi sulla testa una matita; scalzo,

le spalle contro le piastrelle della
cucina e le olive– mi ci sarei trovato ancora molte volte  A PRENDERE LE MISURE PURE DELLA CIRCONFERENZA DEI MEI TESTICOLI

OH mio tempo, | spezzando, pertanto,  l’attesa di un’infanzia che sarebbe venuta mi avevano promesso  E LA MIA INFANZIA VIVA più continua sotto un mirto
 O un alloro malaccorto

- con le idi di marzo ogni Giov. Ven. Sab. Dom. Lun. Mar. Merc.
Sera mattina mezzogiorno pranzo e cena e

spuntini -

E ancora volo alla finestra di Wendy ogni volta che si ricorda che muore o nasce chi mia ha scritto

Sono più corto

Più corto più corto più corto più corto corto tanto quanto la mia ombra
A seconda della luce

sono uno spillo alto come uno spillo

Mio fratello sognava di rinascere un qualche tipo di volatile per scacazzare sulla testa di nostro padre
Ed è riuscito a non mettergli mai le mani addosso


Silvia | è saggia, così si vuole dove si puote e più non dimandare | quasi

abbia | gli occhi
sicuri di una bambola centenaria., invocando con le labbra disegnate
la musa Clio od inveendo contro un
parcheggiatore




III


 Silvia è femmina. E forse Silvia, non è il suo  nome |
- Carla? -

Tante vite ho contenuto nelle mani così si vuole dove si puote e più non dimandare. Guardo l’anello al
 medio |  tu guardi il medio Alla maniera greca del saluto al cornuto.

Tanto semplice persino nella sua quadratura |
eppure non può essere che curva

Quanto vorrei l’anima cerchio,  e sono verticale,  cit chat cit chat

E a segmenti e dentro un alveare ape che attenta
alla regina per il trono sul V canale

invece, come la parte

maggiore delle  alterazioni.  Invece .- cosa? Così, a un certo punto,

sono | diventato

albero – a forza di scrivere ovunque la menata sulle foreste che vanno salvate che non ci sarà abbastanza petrolio tra 10 anni se non la smettiamo di correre in bicicletta

-  anche io –  come nel video di There there  dei RadioHead negando facilmente |
come si suole per ogni donzella che si appresta ad entrare
nel letto dello straniero
­­
di avere mai sognato: muore

di tanto



I



o muta | un uomo, molti per molto meno|| Ho amato
per rabbia, si


perché ero annoiato e perché era di moda dalle mie parti in quella certa era geologica

 Ho | amato per danaro. E’ danaro il fiato di una madre, è moneta è


 Ho

amato per nausea e, forte,  e per | amore,  per saperlo e senza e per amore, amore,  soltanto


che vuoi di più? Eh? Che ci fai col succo di carciofo?
Non mi strizzate le balle,

sono un poeta.

































E. Belculfinè – 2 nov. 12 | 19:36
 E. Belculfinè – (origine)5 ago. 09 | 19:37

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