Joy Division; Live In Amsterdam 1980 |
<<mi
chiedo fin dove arrivi… >>
mi chiedo fin dove arrivi…
qui è il fresco
doppiato del tempo,
mugnaio di parole misurate in labari
mai stilati_
ogni ceppo china sul suo patio_ rivelare miti, stasi,
venarti al dire, qui, colmo d’esiti
oro nel richiamo, conoscevamo la magia
dei
nevai,
cenerentole intatte nel sotterraneo
degli anniversari finestre su bugie di tomaie
era. era d’estate di fiori dolenti…
slacciavi
i tuoi backup, poco altro, mai sfiorati da quel quadrivio
di getti di flussi
cingere profumi ai moli della smania,
ancora…
notturni di un istinto di becco o di
brace,
e via api, giornali, troni di polveri,
fiotti di botti, scatti di
reflex.
discromie a mani d’orti esauditi. e di
brusco slacciare
la sacca
di un soffitto d’isola, mano rude
al principio di
enne transumanze: lasciate, morti, la
grazia di un rivolo
alare, che il nostro
cuore non sia sepolto
in un giorno di china. un
debutto, una fine distesi; che
avervi basi è afferrare, di versi priva, gridata che sono: sì,
ma gridata. o dovrei somma. ma fama di
una pace stanziale
di fasi.
e qui
un frutto, un ingegno butti d’ogni
lieve polline, cardine incenerito.
avido di allegrezza d’alba che ho mia,
sonno che mai t’ ho
avuto né viavai di nubi
in una pozza
*
fin dove arrivi, mi chiedo, cresta
di luna-tamburi? _ne furono alla
chela del ferraio_
finestre in loop sul resto di una
trafittura di led
nel giorno che i morti tornano semi
e ridevi semi di zucca, quel tuo gusto
di cose piane, ideogrammi;
sfilando dal berretto
la tua micro memoria <<__
certi amori resistono. di venerdì, in
novembre >> l’ultima
messe sul guado, alla sella delle
armi
va’ che il dispaccio nel
mucchio
della pietraia rintocca_ dici_
una cintura di tremiti lievi. pixel
inargentano al presepio innocente, la
sfilata di lumi _fra le voci, i piedritti
in farsetto, a brani scagliosi; rondini
appena sfiorate
dalla luce, a fatica solitarie.
va’. dici. si muore. si
muore.
Oh! Elia! Son tutte splendide trafitture
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