N° 5.960
1
Stanno lastricando il cielo.
Piovono
suoni dagli alberi, preghiere di Muezzin
dai campanili a Piazza Vanvitelli
il duomo, dove qualche volta entro
per togliermi le scarpe,
Vola in giro per la Terra.
Dopo così poca strada, un male ai piedi
che mi irrita e mi
pare di camminare sullo stesso segmento
di cerchio
x e y moltiplicati per una
costante,
uguale a zero.
Sul fondo blu i macchinisti, il
caffè nei bicchieri di carta
usa e getta, si riscaldano, abbracciandosi
dandosi del tu.
E non si chiamano per nome.
2
Lodewijk van Wittel da queste parti non deve essere
passato mai, a piazza Krakovia
così per chi ti colora la pelle, e le
labbra, e i pensieri.
Io sono nero.
Piena di ragazzi e la gradinata comunale,
ragazze - attraenti,
dai capelli biondi lividi. Parlano di
Faust,
di Hegel, nella loro lingua
Esperanza, aspettano un gemito, un
violino italiano,
che risuoni in una soffitta russa
assolata a travi.
Stretti, stanno, senza farsi promesse, di
nessun genere, tranne:
- Nessuna Promessa, Da! -
Ho una emorragia alla fronte stavolta, e
questo è un bene, perché c’è una aznalubma
Vicino alla nuova caffetteria. E' passato
poco, premi
sul tasto rewind:
Vedi: l'emorragia, il ragazzo biondo, il
cielo blu pesante, il
Duomo, le macchine che rullano l’asfalto
celeste
I piccioni che miagolano
dal campanile. Qui ho il vitto,
l’ alloggio
3
Il fatto è questo, e mi premeva dirlo:
il calabrone vola perché sa che non
potrebbe farlo e prende per il culo
tutta la gente che ammicca alle citazioni su Facebook
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tutta la gente che ammicca alle citazioni su Facebook
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e quanto concerne la MetaMatematica
dei Rolling Stones, la fisica prima
di Epicuro.
dei Rolling Stones, la fisica prima
di Epicuro.
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Di rose, di veli liberamente
alla signora del primo piano. A lei devo
rose bianchissime,
qualche molletta, gialla, o verdi, rosse,
per i calzini. Filomena - mi pare si
chiamasse -
O Forse Carmela.
Ma è un discorso sprangato, almeno fino
all’apertura del bar
Sport O il bar 2000, quando sarà passata.
- l'inverno -
Per costruire il vetro di una cattedrale
servono tante rose: il primo
elemento. I piccioni: il secondo.
La caverna saliti i 5 o 6 gradini di basalto
ha
il soffitto a cassettoni - la prima
fila costa un'antirabbia -
- com'è che si è ferito? - Entro con il
tesoro dei pirati,
siedo alla fine, nei pressi
dell'uscita
con una pietruzza nera fra le mani, presa
nell'acquasantiera, come nevi
fra le dita.
4
Sono parole, o non lo sono.
Ma di giorno sfrontano le rapide, appena
disfatte_So_di _loro sospette, irate, d'amore, di diniego,
di noia, buone per la rubinetteria
pregiata,
per rifare il letto da soli.
Mettono lacci alle orecchie le parole:
fortunato
e l’amante di tutti,, benefico,
pacifico.
Con il cuore che batte al posto
giusto, nel mio.
E i segni degli scribi all'alba dei
tempi, i misteri in fila, i buoi vicino alle palafitte,
– e tiro con il fiato l'arco di
Ulisse; sicuro di fare tre punti
al flipper, almeno, o al gioco
dell’astronave.
5
E' Forse il tuffo del tuffatore sul cotto?
Più ti somiglia.
Ma rende poco il silenzio, quando dopo
essersi
cercati, ci mostrano i nostri sessi freddi,
contro lo schienale
del lettino
piegati su noi per il caldo
dell’ aeratore.
Non ho mai amato. Lo confesso. Perché
l’amore è un’altra cosa
Perché è una malattia, perché basta
tenersi le mani
Perché la poesia è un grosso tamburo che
amplifica
le cose, o forse era la paura di
essere fregato che non mi faceva udire che
in un limio continuo
e sfiora la beffa più gentile.
Ti amo.
6
La ferita poi serve per fare un
vetro
intero uno specchio,
la radice al cubo dell’es - ma non descrive pieno la
mia anima che telegrafa
nella lingua dei circhi - soffio arbitrario, già cinto d'assedio - O
può
darsi sia la facciata ultraterrena
che mi annebbia.
Le lenti sporche. Fisso nell’abbaglio
consueto dell’attimo
che resiste anche nelle tue spalle fiere
negli occhi interiori,
sopra ogni cosa e l'oro per le allodole.
Soffro il senso della cosa grande, la cosa
profonda,
la più piccola, la meno piccola;
ma sono ancora ai possessivi, figuriamoci!
Spezzo da me ogni cosa. Ho dovuto. Ogni fibra
di mondo. Tu,
piccola cosa felice che la terra raccoglie,
amore.
Elia
Belculfinè, Michele
Mar.
18 Dic. '12
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