antologia
impersonale 0.2
inutile
laboriosità della
poesia
aspide
immolata per
l’amore delle genti serpenti
madre ladra!
padre
borsaiolo
fratello
coltello scrivere poesie di ruggine
è quanto sono pagata per fare. eccomi
al mondo - da dove di solito
si urina, dove si
annida
un barroccio di stelle
a volte. il 29 di un autunno
pivellino:
eccomi_
e il cielo
ci ha coperto con la sua pece immortale
che frigge
il rione deliziosamente gelato
stravagante
nella litografia di un paio di girasoli sul divanetto a forma
di fossa
comune_ dal mio punto di fuga_
io che
emergo dalle mani della tua dea infinitamente
lamentosa
*
sporco il mio cuore
che si
racimola un pasto
dove può_
e non ha
assalto e pare eterno,
sciocco
cuore che canti_ e temi che ti
assordino gli
aedi.
solo per esso mi impegno
eppure divora,
sia la posta in gioco
leziosità o moccolo: c’è un cuore primitivo
che ho
conquistato
come una cittadella d’oro _
un parapiglia di lazzaretti
da dove risorgo infinita perché tu mi baci
sul vertice della mia limatura.
*
di fianco al
lazzaretto
c’è quella
vecchia osteria di cui
ti ho
raccontato i lumi, i magici infusi
oltre gli
spazi radi dove l’odio tiene al pascolo il suo eletto_
senza
formule da riempire di desideri aggettivi.
lì puoi
trovarmi ogni sera
con una
chitarra nel cuore. rossa come il massico da cui ridiscesi felice
per ambire a
una guglia di roghi illogici.
qui
mi inebriò il moto
di una gonnella e il mezzo inchino di un valente cicerone
che tutto fuggiva la poesia di un vino
che
ridiventa coccio. nemmeno fosse l’olimpo e io l’affanno
di un aratro
stellare, una giada di filosofo
la
cesellatura al mio orecchio_
ero solo una
comune strega quando sono
arrivata
nel
villaggio!
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