venerdì 21 settembre 2012

Mai_Sale_Parola_Io






















I

 

\\Libellula. Non io. La
luce. Adesso.  

Ho preso a cercare
parole che trattengano il suono del mare nella conchiglia, 
per sempre. La conchiglia
sono io, almeno così
sembra.

Sei tu che lo dici. Ma meglio, molto
meglio: sono un’arpia.
Mai ho
avuto una piaga _bella_ come la tua. Ho solo
una bruciatura di sigaretta,  una piccola
cosa, ricordo


di una notte buttata ai
piedi del letto.
Non  il mio, allora ho creduto di tramutarmi
in un___castagno,
che
sciocca. altissimo, e invece era un modo di
pregare soltanto, un rivolo d'aria
leggero. Tirami
 fuori


da qui – questa barca senza respiro –  sul fondo
delle cose. Ascolta. E l’acquamarina
delle tende

calate contro il putiferio.
Ho voglia


di scalpitare. Uguale a una
cavalla, 
di luce, di pazzia
,
della terra ba_
gnata, il mio
manto nerissimo. Ora non ricordo da dove viene la forma
del mio orecchio, nemmeno. Vorresti
indossarlo? Si? Vorresti?
Vorresti? Eh?


II

Le cose che voglio
sono più forti delle cose in cui credo, ma non posso ammet
_tere che la mia sola forza è quest'
ala di cristallo,
quest’inferno da commedia, non con altre
parole più leggere, per risolvere
i tappeti rossi, al


tuo passaggio, e respingo, devo, la
fioritura del ghiaccio sopra la
mia bocca;


non sapresti comunque cosa farne.
Come se davvero fosse un ninnolo
di raro talento, un piccolo foro 0, un filo_______ Saprò ricompensarti.
Incredibile raccolto.


E così è avvenuto il prodigio. - Sono stata la prima
ad accorgermene. E l’unica -

limpido all’intuito, e
ai balconi.



III

 

                                                                   Vengo a dirti che non sono tua

sorella, Samir. Anche se hai dormito
nel mio letto. La sabbia

che vi hai lasciato, come dopo un moto d’aria,  non riesco a mandarla
via. Si è infilata dappertutto, fra le dita dei piedi, qui, sotto il
corpetto di raso di cui raramente
mi spoglio.

La bevo nell’acqua, si scaglia fra
gli affari della
piazza. C’è un modo
migliore

per diventare amici? Io conosco
solo questo.

E’ finita fra le rose, fiorite
come ogni anno.
Fra i miei tendini, scricchiolando come un vecchio galeone. Sono diventata
un'arenile, allo specchio. Un deserto fra due estremità di ascolto:
anche la
luna era reale: un porto pieno di lingue. Ho rischiato
di impazzire. Ma non è per questo
che sono per te il grido

e la pietra.

Il
prodigio è mio soltanto.
Mi trabalza, nel suo sapore elitario,
caldo il ventre - anche a distanza di settimane - uno
spicchio d'aglio _ se lo ricordo. O
una ranocchia.





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