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certe volte
sembra un violino eterno il tuo fiato
ma la tua voce è il sonaglio d’oro di una zingara
e allora quando canti credo nella luna e nei poeti…
hai sul mio costato la grande ascendenza di una terra
pura d’amore
e allora credo nelle voci dei popoli, in me vennero
a passare il cammino di un fiume,
quel grande fiume che tu chiami dio ed io scienza.
hai in questa notte in cui non un solo filo d’erba ha
dato il seme di una stilla patita,
la mia povera cenere genuflessa che scrive con
alfabeti di pietra
il simbolo di una città felice dove non ho mai
abitato;
lì torno stanco ogni sera, ogni cent’anni a
dimenticare in quel piccolo
scrigno che sai le lettere d’amore da una terra di
confini,
povero soldato senza orme, senza guerre sbagliate.
povero cuore di polvere e neppure una chiave tra i
flutti e le poche cose
avanzate al rovinio delle aurore,
per dischiudere una genesi stellare.
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