Foto di Carmine Petruccelli |
li ho visti
e li ho lavati
gatti
3
o forse i quaranta ladroni
discepoli di cristo
in una rovina di stelle
il numero assoluto visto al contrario di un amore
sporco
scevri di ogni soluzione
e che non domandano il rebus di questo cuore:
non ha ragione il mio cuore e mai l’ho udito
conciarsi al furto di un rosario di suoni
ho imbevuto la spugna con l’aceto rubato
al torrente di san martino
per anni vidi il mio sangue
in un bilico
di voci e sulle mie labbra
fiorì il miele della follia. li ho lavati: poco altro
c’era da fare
l’arco del novecento mutò il fluire del mio manto
così il divenire torbido
il canale lento ove apparve il mio corpo di
serva come una spada,
sfibrando il tratto brillante di una maternità
che mai non ebbi, per quel connubio di arsure dato
in pegno.
li ho lavati e una ninfa bizantina che oggi chiamo
sorella
cavava il sapone dai loro occhi
con la carta assurda della poesia
era neve ed era
silenzio, era una logica di rose vive, un
liquore tangente al mio futuro.
uno di loro era immerso in un sole d’inverno
riluceva, una città di gelsi e di polvere,
mentre che cercavo l’inarcarsi di una pietà romana,
uno cosparse i suoi occhi nell’antico lavatoio
amava cantare
sgolarsi delle belle donne, dell’acqua di un'alba
appena colta.
i suoi baffi luminosi raccontavano l’antico segreto dentro a un palmo di mano
lì ho asciugato piano i miei segreti, dove non c’era essenza
si trasformavano gli occhi in fiori rubini
i segreti che conoscono tutti perché un poeta
è una vela aperta e non può mai vibrare un angolo di
buio
- cetra di fuoco e di gesso –.
uno, nero
come
il pensiero
che è follia,
non mi è riuscito di cercarlo;
per
ciò domani vestirò di siccità i miei peccati,
subirò i rullanti di una beffa impazzita,
come uno stagno il narciso al mio riflesso!
cento galere che ho sognato infinitamente
ogni notte
e mai ho sognato. sono il beccheggio di una culla di rupi di assilli,
la portiera aperta di un velivolo boccheggiante
due stemmi che lustro
perché ogni cosa è viva e fiuta la mia dinamo azzurra.
Elia Belculfinè
Fabrizio Marino
Quanto più la tua poesia pare incomprensibile, tanto più si infila nelle vene, raggiunge il cuore. Verrebbe da dire, allora, che i poeti sono pazzi, non si servono della ragione.
RispondiEliminaAvrei due risposte da dare:
- che siano pazzi o no poco importa
sanno toccare la parte più nobile
dell'essere umano: l'anima
- Chi stabilisce se è pazzo chi
esprime il proprio pensiero o chi
non è in grado di capirlo?
Questa poesia è stupenda, Elia. Un abbraccio.😀
:-) scritta con fabrizio marino,
Eliminaamico e poeta e musicista
è un sogno che ho fatto.