Foto di Carmine Petruccelli |
suoni luminosi,
dilaghi di ciò che
un giorno vorrà annientarmi,
si
allacciavano alla mia giovinezza;
_ un omaggio di ceneri per i trafficanti di desiderio:
mi insegnarono
il telegrafo più breve
per raggiungere il rivo delle nubi,
a uno scalo selvaggio
di un cuore ubriaco, caldo come un tabernacolo
addormentato_ e non si scambi l'incipit
per una sinestesia_
dilaghi di ciò che
un giorno vorrà annientarmi,
si
allacciavano alla mia giovinezza;
_ un omaggio di ceneri per i trafficanti di desiderio:
mi insegnarono
il telegrafo più breve
per raggiungere il rivo delle nubi,
a uno scalo selvaggio
di un cuore ubriaco, caldo come un tabernacolo
addormentato_ e non si scambi l'incipit
per una sinestesia_
lì costruii un piccolo alveolo di
lame,
non feci ritorno per anni
e non indossai la mia armatura
se non per qualche guerriglia di gala.
non feci ritorno per anni
e non indossai la mia armatura
se non per qualche guerriglia di gala.
facili luci_di suoni,
erano un vento fantastico - si chiamavano musica -
e mai udii parola più bella e
la parola ugola.
mi somigliavano i suoni,
fra le giunture dei pensieri brucanti
_lungo le serrature lentissime, codici per infilare uno sguardo
dall'altra parte_ e scorsi mia sorella
che maturava fra le rose del catino_ incominciava a morire
nella porporina dei veli_ una odalisca_
per caso colsi in flagrante
la sua tristezza, al bagliore di una voce querula
che molti chiamano amore:
la credetti santa, dentro a una gabbia di lingue.
suoni
di luci di suono;
tutto era buono perché tutto davo il morso
refrattario
e divenni bianco come la morte,
divenni una povera fibra di sacco, quello in cui
qualcuno - e forse oggi potrei nominarlo -
teneva i miei versi in balia della corrente -
so cosa contiene il cesto perduto, vorrei dirgli.
sì. ma non saprai mai chi è
il tuo
allievo migliore.
erano un vento fantastico - si chiamavano musica -
e mai udii parola più bella e
la parola ugola.
mi somigliavano i suoni,
fra le giunture dei pensieri brucanti
_lungo le serrature lentissime, codici per infilare uno sguardo
dall'altra parte_ e scorsi mia sorella
che maturava fra le rose del catino_ incominciava a morire
nella porporina dei veli_ una odalisca_
per caso colsi in flagrante
la sua tristezza, al bagliore di una voce querula
che molti chiamano amore:
la credetti santa, dentro a una gabbia di lingue.
suoni
di luci di suono;
tutto era buono perché tutto davo il morso
refrattario
e divenni bianco come la morte,
divenni una povera fibra di sacco, quello in cui
qualcuno - e forse oggi potrei nominarlo -
teneva i miei versi in balia della corrente -
so cosa contiene il cesto perduto, vorrei dirgli.
sì. ma non saprai mai chi è
il tuo
allievo migliore.
aaaaaaaaaaaaaaa mo' sì, eccellente, esaltante, travolgente, e non potrebbe essere altrimenti o Sommo di questo secolo, e la Somma lo sai chi è.
RispondiEliminanon sono sommo, sono più una sottrazione....
RispondiEliminain realtà